Partiamo dal significato. Semplicemente, è un offuscamento in Google Analytics delle keywords cercate dagli utenti che navigano loggati nel proprio Google account. Tutte le parole chiave che hanno portato traffico a un sito digitate da loggati non compaiono più in dettaglio nel report delle keywords, ma accorpate come (not provided).
Introducendo la novità, da Google era stato più volte sottolineato che la scelta voleva proteggere la privacy degli utenti e che comunque avrebbe riguardato solo il 2 massimo il 3% delle query.
Due punti focali dell’esposizione di Matt Cutts a cui tuttavia sono state mosse forti (e motivate) critiche.
Al primo per la disparità di trattamento riservata a chi è inserzionista Adwords e chi non lo è. Chi ha una campagna attiva, infatti, può ugualmente vedere tutte le parole chiave con cui i visitatori hanno raggiunto il sito. Il titolo abbastanza diretto di SearchEngineLand a riguardo è stato “Google mette un prezzo sulla privacy”. Dietro il paravento della riservatezza dei visitatori (a cui comunque da Analytics non si può risalire), c’è forse un tentativo di Mountain View di incentivare il posizionamento sponsorizzato? A guardare bene così sembrerebbe, dato che nella sostanza chi riceve traffico a pagamento può ottenere tutti i dati, poichè deve poter misurare il ROI del proprio investimento, e chi invece riceve traffico organico, no. Un atteggiamento, questo, che non può certo non scontentare chi il proprio investimento lo fa in posizionamento naturale (che però non rimpingua le casse di Google).
Sulla percentuale di query sconosciuta, invece, ogni giorno ci si confronta con nuovi e poco consolanti dati. Alcuni siti riportano anche di 18-20% di keywords (not provided), una percentuale molto differente da quella stimata da Google e che significa un possibile forte handicap nella valutazione dei dati e nella loro traduzione in strategie di marketing.
Si tratta probabilmente di casi non rappresentanti la norma, e le nostre valutazioni al momento sono parecchio distanti: le query offuscate variano per lingua (in inglese più che in italiano), per demografia, tipologia di sito visitato, ma resta il fatto che possono solo crescere se l’utilizzo di Google+ aumenterà e gli utenti utilizzeranno maggiormente i motori di ricerca da loggati (e questa potrebbe essere un’altra spinta a farlo).
A meno di molto improbabili passi indietro di Google, comunque, la realtà è questa e con essa bisogna confrontarsi, ma senza drammatizzazioni fuori luogo.
Trarre decisioni solo dalle keyword in uno scenario complesso come quello attuale, in cui le referenze di un brand nei motori di ricerca vanno oltre il sito e in cui dominano le conversioni multichannel è comunque riduttivo. E se Google non ci darà più alcuni dati, vorrà solo dire che saremo più bravi a leggere gli altri.
Fonte: mamadigital.com