Detta così può suonare una operazione di poco conto, ma se prendi il lungo elenco delle app inglobate probabilmente capirai che la parola “app” è utilizzata in realtà come sinonimo di “social”, o comunque di “servizio web ultraconosciuto con una marea di utenti”.
Sto parlando di nomi come Airbnb, Digg, TripAdvisor. O anche di eBay, Foursquare, Spotify (anche se attualmente queste 3 non sono “visibili” dall’Italia). Per non parlare dell’astro nascente Pinterest.
Tutti questi torrenti confluiscono nel grande fiume della Timeline, tramite la quale i nostri contatti di Facebook potranno sapere, in tempo reale, praticamente tutte le azioni che compiamo nel corso della giornata: cosa stiamo cucinando, mangiando e bevendo, cosa stiamo acquistando, cosa stiamo leggendo, guardando o ascoltando, dove stiamo andando.
Ormai non si parla più solamente di “Like”, ma di “Actions”: per ogni app che installo corrisponde una azione (leggere, guardare, ascoltare, etc), ed ogni azione che faccio tramite l’app collegata alla Timeline finisce sotto gli occhi dei miei amici.
Privacy a parte, a mio parere il punto che rischia di passare inosservato è un altro: praticamente tutte le startup più in voga sono saltate all’interno di Facebook. Facebook è oggi una vetrina talmente trafficata che qualunque altro social, per ottenere visibilità, accetta ben volentieri un posto sullo scaffale.
Quali siano le condizioni economiche di questi accordi non è noto, e se la cosa sia davvero “win-win” è tutto da dimostrare: di certo l’utente non ha più la necessità di uscire da Facebook per sapere cosa combinano i suoi amici all’interno dei tanti altri contenitori sociali, che rischiano di finire annacquati dentro l’impero di Zuckerberg. Pezzi di puzzle che possono esserci o non esserci, semplici accessori che magari, un domani, verranno “clonati” dalla stessa Effe Blu.
Fonte: blog.tagliaerbe.com